Nasce l’Osservatorio sui beni confiscati

di aldocimmino

Il progetto editoriale de “L’Iniziativa”, proposte per un antimafia sociale 

“Vogliamo che lo Stato sequestri e confischi tutti i beni di provenienza illecita, da quelli dei mafiosi a quelli dei corrotti. Vogliamo che i beni confiscati siano rapidamente conferiti, attraverso lo Stato ed i Comuni, alla collettività per creare lavoro, scuole, servizi, sicurezza e lotta al disagio”. Con queste parole si apriva il testo della petizione che l’associazione Libera propose ai cittadini italiani nel marzo del 1995. Furono raccolte un milione di firme. Fecero molto riflettere sulla necessità di garantire l’effettivo riutilizzo a scopo sociale dei beni sequestrati e confiscati alle organizzazioni criminali. Dapprima l’intuizione dell’onorevole Pio La Torre, che nel 1982, aveva messo in luce come il contrasto alla criminalità non potesse esaurirsi nella sola repressione della forza militare mafiosa ma che fosse necessario colpire il vero cuore pulsante di tutte le mafie e cioè i loro beni e le loro ricchezze.

In seguito l’intuizione di Libera e quindi l’approvazione della legge 109 del 1996 che pone l’obbligo della destinazione a scopo sociale. Per aversi il reale contrasto, quei beni e quelle ricchezze devono tornare alla società civile in un circolo virtuoso di opportunità lavorative ed economia legale, segno tangibile della presenza delle Istituzioni.

Proprio per questo la redazione de L’Iniziativa ha ritenuto opportuno porre maggiore attenzione sulla realtà dei beni confiscati trattando il tema periodicamente e in modo approfondito alla stregua di un vero e proprio osservatorio. Quello della confisca e del riutilizzo sociale è il terreno dove si gioca la vera partita tra Stato e antistato. Sull’atteggiamento delle amministrazioni locali si può intendere la reale volontà dei territori di riscattare la propria dignità e autonomia dal giogo mafioso. Sono i Comuni, infatti, i primi protagonisti nelle vicende relative alla destinazione e gestione dei beni. La legge 109 dispone proprio che il Dirigente della filiale dell’Agenzia del demanio competente per territorio, relativamente ad un  bene e tenute conte le sue peculiarità, formula una prima proposta di destinazione al Direttore Centrale del Demanio il quale, entro trenta giorni dalla proposta, emette il decreto di destinazione.

Questo almeno fin quando non entrerà in vigore la nuova normativa che regola le funzioni della neo costituita Agenzia Nazionale per l’amministrazione e destinazione dei beni confiscati alle mafie. Il bene può anche essere mantenuto a patrimonio dello Stato per finalità di giustizia, ordine pubblico e protezione civile oppure, con il decreto di destinazione, può essere trasferito al patrimonio del Comune del territorio su cui il bene stesso insiste. In questo caso, dunque, il Comune diventa letteralmente proprietario dell’immobile confiscato. Non solo proprietario del bene ma l’Ente comunale, sempre secondo quanto dispone la legge 109, può amministrare direttamente il bene oppure assegnarlo in concessione a titolo gratuito, cioè senza ulteriore pagamenti di canoni o rette mensili, ad associazioni di volontariato cooperative sociali o comunità terapeutiche. L’unico vincolo imposto all’amministrazione comunale è quello della destinazione sociale con conseguenti ampi poteri di influire in modo significativo sulle sorti di un bene confiscato.

Non può quindi negarsi la grossa responsabilità che i comunali hanno nelle decisioni assunte e anche nei confronti di quelle non assunte per dare concretezza a quell’antimafia sociale che deve farsi sui territori. Un esempio ci viene da una vicenda recente che ha interessato Villa Ferretti, nel Comune di Bacoli, che sarà oggetto di successivo approfondimento. Il bene in questione, confiscato e trasferito al patrimonio del Comune nel 2003, è attualmente privo di una reale destinazione ed è sostanzialmente abbandonato. A parte la spiaggia annessa, anch’essa confiscata, che è utilizzata, per concessione comunale, dall’associazione Asgam – Associazione Sostenitori Giovani Amici del Mare – Onlus, il fabbricato rurale multipiano è in disuso e senza protezioni. Ne, infatti, sono state assunte guardie giurate, ne tanto meno è stata realizzata alcuna opera di recinzione della struttura. Ad aggravare la situazione uno degli infissi esterni, del locale guardiania, completamente asportato.

 Di fronte ad un cosi alto rischio furto, in una struttura che è stata ristrutturata da poco con fondi della Comunità europea, l’amministrazione avrebbe dovuto, quanto meno, provvedere alla riduzione del rischio. Ma nulla e lo scorso sei agosto, puntuale, viene realizzato il colpo. Dalla guardiola della Villa vengono sottratti due condizionatori nuovi con relativi motori esterni. Il bene confiscato “Villa Ferretti”, come tutti gli altri beni confiscati, ha un valore intrinseco fortissimo. Proprio perché confiscato deve essere effettivamente riutilizzato a scopo sociale perché possa diventare un ulteriore avamposto dello Stato nella lotta alle mafie. L’amministrazione comunale di Bacoli, come tutte le amministrazioni comunali, deve interiorizzare questo concetto e tradurlo, nella fattispecie, in atti concreti al vero riutilizzo sociale della struttura. Al di là della rilevanza del bottino, l’episodio mette in luce come l’incapacità di garantire l’effettivo riutilizzo del bene si traduca in una forte responsabilità sul piano sociale. Insomma si invia alla criminalità un chiaro messaggio di resa dello Stato.

Bookmark and Share