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…a che serve essere vivi, se non si ha il coraggio di lottare? -Giuseppe Fava-

Tag: borsellino

Via d’Amelio, la strategia del potere

by aldocimmino

Nel ventennale delle stragi del ’92 la verità processuale non è ancora stata scritta. Quella storica è visibile a tutti

Il palazzo sventrato. Il fumo nero che sale dalle carcasse delle auto bruciate. Si sente “il puzzo del compromesso morale” che promana da quell’esplosione che mutilò i corpi di Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Walter Eddie Cosina, Agostino Catalano,  Vincenzo Li Muli e Claudio Traina. Alle 16.58 di quel tremendo 19 luglio 1992, per la seconda volta nella storia recente della mafia Palermo era ancora come Beirut.

Ma non solo nel 1992. Anche gli anni ’80, in piena seconda guerra di mafia, caddero tantissimi servitori dello Stato “che lo stato non è riuscito a proteggere” o forse non decise di proteggere. Dalla Chiesa, La Torre, Chinnici, Cassarà, Agostino, Montana e quanti, anche negli anni precedenti come Impastato e Fava, si frapposero ad una linea di sviluppo di una realtà di potere  che si è sempre celata dietro atti stragisti e che ancora oggi, magistrati, come il procuratore generale presso la Corte d’Appello di Caltanissetta, Roberto Scarpinato, non esitano a porre domande inquietanti che ancora non trovano alcuna risposta.

Una regia unica? Dipende da quale punto di vista si osservano questi anni della cosiddetta prima Repubblica. Dal 1948 al 1994, anni tremendi che vedono il coniugarsi, in modo evolutivo, di una morfologia del potere che insidia terribilmente i meccanismi di una democrazia, mai pienamente attuata. O forse davvero mai attuata. Una corruzione sistemica che dall’Unità d’Italia ad oggi non si è mai arrestata, collezionando scandali finanziari ed economici che hanno inglobato la politica e il potere della rappresentanza politica in Italia.

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Intervista esclusiva a Rita Borsellino

by aldocimmino

“A via d’Amelio lo Stato avrebbe dovuto interrogare se stesso” dichiara a vent`anni dalla strage

Nel ventennale delle stragi mafiose di Capaci e Via D’Amelio parla Rita Borsellino, la sorella del giudice ammazzato dalla mafia il 19 luglio 1992 ed eurodeputato iscritta al gruppo parlamentare S&D (Gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici), membro della Commissione Gai (Giustizia e Affari Interni) e della commissione CRIM (commissione contro le mafie e la criminalità organizzata).

Sono trascorsi vent’anni. Un lasso di tempo nel quale il nostro Paese non è mai riuscito a scrivere, del tutto, la parola verità sulle stragi del ’92. E sono vent’anni, a dire il vero, che alla vigilia delle stragi, ogni anno, vengono pubblicate notizie sulla progressione, o presunta tale, delle indagini. Addirittura tra maggio e giugno scorsi l’inchiesta sulla trattativa stato-mafia avrebbe portato a ipotizzare un coinvolgimento del consigliere giuridico del Presidente Napolitano e dunque del Quirinale. Secondo lei il nostro è un Paese pronto per la verità? 

Il problema è se si è pronti a cercarla la verità. Che la società la verità la voglia, su questo non c’è dubbio. Purtroppo, siccome lo Stato avrebbe dovuto interrogare se stesso, capire chi aveva lavorato e in che modo, ci sono stati evidentemente due modi diversi di essere Stato. Uno “Stato-Stato” e uno “stato-mafia” come l’ha definito il procuratore Teresi. Io credo che la verità sia assolutamente necessaria perché quelle verità false che ci hanno proposto e imposto continuano ad offendere la democrazia. Noi vogliamo la “verità vera”. Ora, vede, quando si è costretti a mettere degli aggettivi dietro le parole  verità o giustizia vuol dire che c’è qualcosa che non funziona. E io credo che in questi anni troppe cose non hanno funzionato. 

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Capaci, “vi perdono ma inginocchiatevi”

by aldocimmino

Le parole di Rosaria Costa, dopo vent’anni, risuonano come un richiesta di giustizia, ma la verità è ancora lontana

“Vi perdono ma inginocchiatevi”. Le parole di Rosaria Costa, vedova dell’agente di scorta Vito Schifani, erano rivolte, durante i funerali di Giovanni Falcone e degli altri due agenti Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, agli uomini della mafia “perché –continuò – ci sono qua dentro”.

Parole rivelatrici di una mafia che si compone di uomini d’onore e pezzi delle Istituzioni. La precisazione era opportuna, durante i funerali di Stato, che furono celebrati il 25 maggio 1992. Una parte di Stato, infatti, “piangeva” quella parte di Stato che aveva fatto ammazzare. Gli uomini della mafia, che erano presenti quel giorno, non erano gli esponenti della mafia dei gabellotti e dei campieri di fine Ottocento. O la semplice mafia stragista, rappresentata dall’ala militare di Cosa Nostra.

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Politica e magistratura, un fantomatico scontro che dura dal ‘94

by aldocimmino

intervista a Gian Carlo Caselli, Procuratore Capo di Torino

Gian Carlo Caselli: «c’è il dilagare di un’insofferenza nei confronti della magistratura e della legalità che ha intaccato anche parte della politica»

«La cosa più imbarazzante è stato doverlo spiegare perfino a mia madre. A un certo punto ho fatto un po’ di fatica a convincerla che suo figlio, tutto sommato, era un persona per bene». Un aneddoto personale metafora di un assalto alla giustizia che in questi ultimi 18 anni ha cambiato gran parte della storia di questo Paese. Con questa premessa inizia il libro “Assalto alla giustizia” presentato il 17 gennaio a Napoli. In compagnia del procuratore capo di Torino, Giancarlo Caselli, autore del libro (scritto insieme al figlio, il giornalista Stefano Caselli) ripercorriamo motivi e conseguenze di questo assedio alla toga, raccontato in prima persona dal magistrato.

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Strage di Via D’Amelio, esigenza della “ragion di Stato”

by aldocimmino

A diciannove anni dalla morte di Paolo Borsellino, la società civile non rinuncia alla verità

Sono trascorsi circa diciannove anni da quel 19 luglio 1992. Una data drammatica dell’oscura storia del nostro Paese. Ancor oggi restano i dubbi e le ombre su fatti gravissimi che hanno segnato il percorso politico e sociale dell’Italia. Paolo Borsellino, in quel 19 luglio 1992, si era recato dalla madre per una visita. Non era solo. C’erano gli agenti della sua scorta. Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina e Agostino Catalano. Alle 17.00 di quel 19 luglio 1992 fu posta fine alla loro vita. Un’autobomba esplose proprio sotto casa della madre di Borsellino sventrando gli edifici circostanti e i corpi del magistrato e degli uomini della scorta. Una ferocia pari solo a quella che, 57 giorni prima, si era abbattuta su Giovanni Falcone, nella strage di Capaci. Falcone e Borsellino. Caduti nella guerra contro la mafia. Contro la sola mafia? Oggi le indagini delle procure che sono impegnate sui diversi fronti, dalla procura di Palermo a quella di Caltanissetta e la Procura di Firenze, ci dicono che Falcone e Borsellino non furono uccisi solo per mano mafiosa. Ci dicono che quella mano fu armata da alcuni uomini dello Stato e degli apparati deviati dei servizi segreti. Ci dicono che la verità sulle stragi, a distanza di circa diciannove anni, pare sia ancora lontana. Molti infatti sono gli aspetti che devono ancor essere chiariti.

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Arresti di camorra, osceno ritratto dei clan

by aldocimmino

Baci e sberleffi: a San Giovanni a Teduccio è andata in scena la sottocultura malavitosa

La solita e preoccupante sceneggiata camorristica. Gli arresti di qualche giorno fa, che hanno decapitato il clan camorristico dei D’Amico, hanno assicurato alla giustizia 24 persone, tra cui il boss Salvatore D’Amico, tra baci camorristici e oscenità. I Carabinieri del Nucleo investigativo di Napoli, effettuando gli arresti, nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, hanno assistito ad una serie di gesti eclatanti che ancora una volta sottolineano l’elevato grado di subcultura di cui la camorra è promotrice. Eclatante e simbolico il bacio che si  sono scambiati padre e figlio. Il boss esce di casa e va incontro al figlio. Lo bacia sulla bocca. Il figlio accoglie il gesto come se fosse naturale. Rituale. Potrebbe trattarsi di un gesto che vuole esternare appartenenza o magari si tratta di un passaggio di consegna con il quale il boss ha designato il suo successore, una sorta di investitura pubblica.

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19 luglio 1992, la memoria di Paolo Borsellino assassinato dagli intrecci stato-mafia

by aldocimmino

Paolo BorsellinoQuel 19 luglio di diciasette anni fà la mafia mostrava la sua spavalderia. Paolo Borsellino, procuratore aggiunto a Palermo, veniva ucciso con un’autobomba piazzata sotto casa della madre, in via D’Amelio. 100 kg di tritolo e pochi secondi per distruggere uomini e donne che difendevano la democrazia e la giustizia. Borsellino e la sua scorta furono spazzati via dal tempo e dallo spazio. Di loro non rimaneva null’altro che fiamme e fumo. Non ricordo esattamente cosa accadde quando avevo solo 8 anni. Non ricordo cosa facevo quando i telegiornali annunciavano la strage in via D’Amelio. Forse, perchè bambino, giocavo, ignaro di tutto, forse non sapevo neanche che cosa era la mafia e che mondo esistesse al di la della mia stanza. Ma ricordo molto bene quando cominciai ad interessarmi alle figure di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. I magistrati antimafia per antonomasia. Provavo rabbia mista a malinconia. Cominciavo a conoscere quei due uomini dalle testimonianze dei familiari, dagli amici e colleghi che avevano con loro condiviso le scelte ed il coraggio. 

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